Perché se tu mi dicessi di smettere di correre in pista non mi dispiacerebbe più di tanto, ma se mi chiedi si smettere di correre lassù, sai, sono quei posti che quando vai via, pensi già all’anno dopo!!”
Stefano Bonetti è un pilota così completo, ma soprattutto una persona così deliziosamente umana, da rendere piacevole qualsiasi conversazione, qualunque sia il contenuto. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente nella sua casa di Castro (BG), per fare quattro chiacchiere e parlare di cose belle e brutte: la reclusione forzata causata dal Covid-19, il TT, i suoi contesti evocativi, le sbronze nei pub inglesi (“la sera della vittoria alla Noth West? Una ciocca colossale!!”) e i corsi della Riding School, ripartiti a fine maggio.
Una delle personalità più conosciute e amate in assoluto nel contesto delle corse su strada, Stefano è l’unico italiano ad aver corso con ottimi risultati nel famosissimo e affascinante Tourist Trophy dell’Isola di Man, è
entrato nella storia del motociclismo italiano ottenendo una straordinaria vittoria nella North West 200, è il più veloce road racer del nostro Paese e, non ultimo, è cuore e anima di Riding School.

È stato un periodo un po’ complicato per tutti, come hai passato i due mesi di reclusione forzata tra marzo e maggio?

Mah, diciamo che è stato più brutto il ritorno alla normalità perché mi ero abituato bene! (Risata) Alla fine con tre bimbi, la casa con il giardino grande, un po’ di manutenzione varia da fare, la sveglia quando ne avevo voglia… insomma, gran bella cosa. Ah, e poi sono diventato un gran giardiniere!
È stato più drammatico rientrare a lavorare, svegliarsi, fare, veder gente, parlare, un incubo! Quindi alla fine la reclusione non è andata male, poi con l’officina meccanica potevamo lavorare, però facevamo giusto qualche ora al giorno, una volta ogni tanto, per le urgenze. Non male direi.

Il 30 maggio sarebbe partita l’edizione 2020 del TT, che però è stata cancellata a causa del Covid-19.

Esatto, starei tornando giù in questi giorni. Io facendo anche la gara in Irlanda partivo il 15 maggio e stavo via un mese. Però hanno annullato anche quella, quindi…

Ti aspettavi questa decisione?

Ho detto le parolacce! Però sì, sapevo che l’avrebbero cancellata. Loro sono su un’isoletta piccola, l’ospedale ha tipo 30 posti, e in quell’occasione sull’isola ci entravano 200mila persone da tutto il mondo, nell’arco di 15 giorni. Sarebbe stato un macello! Hanno già anche rimandato la gara di agosto, il TT Classic. Quindi si sapeva già, ero preparato ormai. È un gran peccato perché se si fosse trattato di un campionato magari perdevi 3 gare, invece in questo caso è stato proprio tutto stroncato. C’è gente che lavora tutto l’anno per comprare e sistemare le moto. Però vabbè, la salute c’è, e questo già è importante.

Salta tutto al prossimo anno?

Sì, hanno già messo il conto alla rovescia per il 2021 sul loro sito!

Come sono i giorni prima della partenza?

Ciaaao, è un incubo la pre partenza! (Ride) Fai che ci vogliono mesi! Mesi prima cominci a preparare le moto, a mandar via motori, forcelle, tutto quello che c’è da fare, così quando arrivi alla partenza è tutto pronto. Poi ci sono le prenotazioni, le iscrizioni, le revisioni del pullman, del camper, dei vari mezzi, ce n’è da fare! Inoltre prima di partire bisogna fare delle gare in pista, da regolamento proprio, per far vedere che sei in attività e non è che parti e vai a fare il TT così!
Però poi è bello! È bello perché, quando parti, non è per il fine settimana che fai in pista dal venerdì alla domenica: io sto via un mese! Un mese tra Irlanda e isola di Man. Non è neanche male, no?!

Cosa succede quando si arriva sull’Isola di Man? Com’è la vita nel paddock?

Spesso nel paddock delle gare di velocità, mi viene in mente il Civ, non puoi entrare senza pass. Là invece può entrare chiunque, puoi entrare anche vestito da paperino. È tutto aperto, tutto un po’ diverso, un po’ più alla mano. Le moto sono quelle del mondiale Superbike, super professionali. Però, in altri contesti, se ti avvicini a guardare una moto magari ti guardano male o ti mandano via. Su là, invece, se ti avvicini a guardar la moto il meccanico viene lì e ti spiega. Come i piloti: quelli che vincono il TT, se ti capita di incontrarli per strada e di chiedergli di andare a bere una birra, se hanno tempo vengono!

Questione di nazionalità o di tipologia di competizione?

Son proprio le corse. È un altro mondo su là, non è questione di nazionalità. Per dirti lassù le iscrizioni sono gratuite. In che gara non paghi l’iscrizione?! Neanche alle gare di tricicli! Là, invece, non la paghi. Ti danno un rimborso spese in base alle categorie che fai. In un campionato velocità paghi l’iscrizione, che è bella salata, in più paghi il posto del camion, dell’hospitality, il box…
E poi lassù ci sono anche dei bei premi gara: il primo prende tipo 22.000 sterline, quindi sono 25.000 euro. E premiano i primi 20. Poi uno non fa solo una gara. Ne fai tre con la 1000, due con la 600 e una con la 650. Chi ha la moto può farle tutte.

Una volta lessi un articolo in cui si diceva “non esiste sconfitta sull’Isola di Man”. Trovi che questa affermazione colga lo spirito di questa competizione e di questo contesto così magico e unico?

Lassù già arrivare al termine è un traguardo! Sono 85 iscritti e se ne qualificano 70. 70 moto che partono per la stessa gara! Tanti vengono da chissà dove per correre, la gara è 360 km. Poi lì ti danno i premi anche in base al distacco che prendi dal primo. In Italia abbiamo primo, secondo e terzo. Se arrivi secondo, ma hai preso due giri, sei sempre secondo. Là sei un coglione, qua sei un figo. Là ci sono delle coppe in base al distacco che prendi dal leader: si chiamano Silver e Bronze. E poi ci sono le medaglie. Se si arriva decimi ma con poco distacco dal primo si è più contenti che arrivare secondi con tanto distacco. Infatti loro non ti chiedono “quanto sei arrivato?”. Ti chiedono “quanto hai preso dal primo?”. “Che tempo hai fatto dal primo?”. E per loro sei figo in base a quello. Poi la posizione conta, per l’amor di Dio, ma il ragionamento non è quello che viene adottato qui.

Un episodio emblematico di cui sei stato partecipe?

Quando sono restato a piedi perché mi si è rotta la moto mentre ero secondo. Non potevo arrivare terzo, ero in cassaforte. Si è spenta. Mi sono proprio girate le palle! Spingevo la moto nel prato, la gente che batteva le mani… Oppure l’anno scorso quando sono arrivato secondo con la moto d’epoca, che mi si è rotta la leva del cambio e un giro l’ho fatto a cambiare con le mani. Poi lì non è andata male, lì almeno secondo sono arrivato! (Risata!)

Spesso c’è un momento nella vita dei piloti in cui ci si chiede “ne vale la pena?”. Sei d’accordo?

Sisisi, te lo chiedi. Me lo chiedo anche io tutti gli anni, dato che butto via una vaaaalanga di soldi, tempo, tolti i rischi che quelli, vabbè, ormai facciamo finta di niente. Però sì, te lo chiedi. Però è bello. Perché se tu mi dicessi di smettere di correre in pista non mi dispiacerebbe più di tanto, ma se mi chiedi si smettere di correre lassù, sai, sono quei posti che quando vai via pensi già all’anno dopo!! Quindi si fa tutto volentieri in ottica di quel mese. Anche Luca (Pedersoli n.d.r.) è stato su, e ha visto come funziona: praticamente un fine settimana di gara che dura un mese. Nessuno considera quelli con pochi soldi delle merde, tutti quelli che vanno a vedere sono appassionati, squattrinati che magari partono, vanno in tenda, si spaccano in due, ma è tutta gente con grande passione! È un altro modo di vedere le cose. È come andare a cena con dei fighetti o con dei contadini. Delle volte meglio i contadini. Più alla mano. Più appassionati. Non c’è la gente che va su per guadagnare denaro o vendere. Lassù è tutto professionale, ma allo stesso tempo casalingo.

E poi ci sono momenti come la vittoria alla North West 200.

Figa! E lì … dopo dieci anni che corri, non male! Si poteva fare anche prima, però purtroppo i mezzi e i soldi non c’erano. Adesso il TT si conosce bene, ma anni fa ero proprio un teppista, sponsor zero, le moto? Dei rottami. Adesso è già meglio, perché tanti han capito che il TT piace e non possono sputargli sopra. Comunque vabbè, quella vittoria lì paurosa! Abbiamo bevuto tutto quello che potevamo bere insieme ai nostri amici inglesi e via. Abbiamo battuto team ufficiali, team grossi, ma non è che ti guardavano male, come dire “siete delle merde”. Tutti abbracciati, tutti a complimentarsi, proprio robe che da noi non esistono! Il team del secondo è venuto lì ad abbracciarmi, non solo me, ma anche i miei amici: infatti la sera una ciocca colossale tutti insieme! (RISATA) In altri contesti, uno non ti guarda più in faccia per tutta la vita se lo batti a casa sua.

Quali sono attualmente i progetti per questa stagione?

Adesso quest’anno farò le gare in salita come ai vecchi tempi. Farò l’Italiano e l’Europeo, sono rimaste 4 gare. E qualcosa in pista tra Motoestate e moto d’epoca con la Bimota, che dovevo usare al TT Classic e che invece userò per fare qualche meeting d’epoca. Tutto concentrato tra agosto e settembre. Insomma torno a fare le mie salite di tanti anni fa: è dal 2017 credo che non le faccio più.

Intanto a fine maggio sono ripartiti i corsi Riding School. Dove tu sei istruttore da anni.

Sono con la Riding da quando ha aperto, nel 2005. Sono gasato! Quando mi chiedono “dove lavori?” e rispondo “alla Riding School Pedersoli”, la gente è entusiasta! Mi dicono “ah si cazzo bello! Che bella scuola la Riding!” È una bella soddisfazione. Ce ne sono tante in Italia di scuole, ma quando dici che lavori lì, tutti ti fanno i complimenti. Poi io, in pista, ci corro poco, però vedo che ho tanti allievi che vanno anche su strada. Quindi sono contenti, perché gli passo nozioni che sono importanti sia in strada che in pista, e alla fine vanno via belli felici. Bello!

Alla Riding School abbiamo proprio un corso, quello di guida sportiva, che ha come obiettivo la formazione di motociclisti appassionati di strade impegnative, passi, tornanti…

Certe volte alcuni vanno in moto da anni, ma commettono errori che non fa neanche chi ha appena preso la patente. Nessuno glie lo fa notare, e quindi nel momento in cui tu gli spieghi l’errore, ecco che migliorano tantissimo! Uno magari è abituato a fare i tornanti da vent’anni in una maniera e gli sembra impossibile farli diversamente. Ma uno che ha la testa e ascolta, cambia vistosamente. E di solito chi viene a fare i corsi è davvero interessato.

Cos’è fondamentale trasmettere?

Bisogna guidare tranquilli. Quando sei tutto rigido non riesci a far niente. Bisogna guidare belli sereni. Va bene andare forte, ma occorre ragionare bene sulle traiettorie, guardare dove vai, valutare tutti i problemi: occorre essere rilassati e avere confidenza con la moto. Di solito è questo che inizi a insegnare. Più che andar fortissimo bisogna trasmettere l’importanza dell’aver confidenza con freno e gas, che se succede qualcosa c’è il margine di rimediare, e non sei tanto impaurito da andare fuori dritto.

Credi che insegnare rappresenti una formazione anche per l’istruttore stesso?

Sì qualcosa sì, certamente! Perché vedi gli altri istruttori e ti confronti. Vedi come guidano, ci sono tanti spunti, e qualcosa tiri sempre fuori. Che poi, sono tutti piloti della Madonna! Non è che ti confronti con dei brocchi insomma! La qualità, lì dentro, è fuori di testa.